In
questo post vorremmo dar voce ai nostri ragazzi, i veri protagonisti
dello spettacolo teatrale “La terra ha il mio cognome”.
Teatro
in nero: la luce nelle tenebre
Il
teatro in nero è una novità che ha portato per la prima volta nella
nostra scuola la prof.ssa di musica Aceranti. Per creare l’effetto
spettacolare è necessario che la scena sia completamente al buio,
mentre gli attori devono essere interamente ricoperti da indumenti
neri, volti inclusi. Solo alcune parti del corpo hanno elementi
chiari che riflettono la luce ultravioletta di una lampada, generando
la parvenza di oggetti fluorescenti fluttuanti nel vuoto.
Questa
tecnica è stata utilizzata nel nostro spettacolo per creare le
lettere luminose dei cognomi dei deportati, che si formavano sulla
base di una voce narrante. Ma l’esibizione più bella, accompagnata
dalla canzone “Faded” di Alan Walker, presentava un albero,
allusione all’albero della vita, intorno al quale delle maschere
apparivano e sparivano, trasformandosi in farfalle che volavano via,
per simboleggiare la fine cui i prigionieri erano destinati nei campi
di sterminio.
Di
seguito riportiamo un video che raccoglie le parole di Lucrezia di
1ªA, una nostra giovane attrice, che è rimasta entusiasta di questa
esperienza.
Nei
panni di un deportato: recitare per comprendere
Riportiamo
di seguito la breve intervista che ci ha rilasciato Piercarlo
Giovanelli, uno degli attori dello spettacolo, che ci descrive come
ha vissuto questa esperienza.
-
Perché è importante lo spettacolo della memoria?
Penso
che lo spettacolo della memoria sia molto importante, perché
attraverso le nostre voci, le diapositive, la musica riusciamo a
riportare in vita il ricordo di milioni di persone che sono state
uccise. Penso che ricordare, rimettere in luce questi fatti, sia
molto importante per far sì che questi avvenimenti con accadano mai
più.
-
Come è stato far parte dello spettacolo della memoria?
Fare
parte di questo gruppo è stato molto interessante e molto
coinvolgente. Immedesimarmi
nel deportato mi ha anche aiutato molto a capirlo, a cercare di
intendere le emozioni che poteva provare durante la deportazione,
durante la permanenza in un campo di concentramento. Proprio dal
punto di vista emotivo questa è un’attività complessa e molto
forte.
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