mercoledì 30 dicembre 2020

News 1^A, notizie e storie di una magnifica classe - 4: "Auguri di buon anno nuovo!"

Concludiamo il nostro anno con un video della nostra 1^A, che vuole infonderci quella necessaria speranza per iniziare il 2021 ormai alle porte. AUGURI!!!




martedì 15 dicembre 2020

News 1A, notizie e storie di una magnifica classe - 3: speciali notizie su Beethoven!

Lezione su Beethoven (di Sofia Guerzoni)

Il 16 novembre 2020 la 1^A ha partecipato ad una straordinaria lezione su Beethoven con la prof. di musica. Questa lezione è iniziata con il racconto della storia di Beethoven, per poi commentare e specificare bene alcuni episodi. Quindi si è iniziato, nei lunedì successivi, a lavorare sulle sinfonie composte da questo famoso musicista: in particolare sono state dedicate due lezioni alla 5ª sinfonia e alla 9ª sinfonia. Sulla 9ª abbiamo ascoltato particolarmente l’”Inno alla Gioia”, che abbiamo anche imparato e suonato tutti insieme in classe con i nostri strumenti. Sulla 5ª sinfonia abbiamo guardato due video: il primo vedeva l’animazione della musica rappresentata da uno o più slittini che salivano e scendevano, rallentando o accelerando in base alla musica. Il secondo ci mostrava un direttore d’orchestra che dirigeva il famoso attacco della sinfonia e noi avremmo poi dovuto provare a fare lo stesso, con la classe al posto dell’orchestra.


Infanzia di Beethoven (di Caterina Nannetti)

Beethoven discendeva da una famiglia di musicisti d'origine fiamminga. L'avo Ludwig venne a Bonn nel 1732, cantore prima, poi direttore d'orchestra del vescovo-elettore di Colonia; suo figlio, Johann, tenore e violinista presso la stessa corte, uomo disordinato e dedito all'alcool, ridusse la famiglia in condizioni disastrose. Da Magdalena Kewerich, vedova di un valletto di corte, ebbe sei figli, dei quali non sopravvissero che Ludwig, Kaspar e Nikolaus. L'infanzia di Beethoven fu triste e disagiata: il padre, il cui unico scopo era di sfruttare la disposizione musicale del ragazzo (che faceva esibire in pubblico), gli imponeva rudemente lunghe ore di esercizio sul cembalo e sul violino. Alle discipline musicali provvide dapprima il padre, poi il suo primo maestro: Gottlob Neefe. Il padre era un uomo alcolizzato e violento, così Ludwig, per aiutare la famiglia, iniziò a lavorare come musicista a soli 13 anni. Per trovare un po’ di pace si isolava nel meraviglioso boschetto che circondava Bonn e lì si rallegrava ascoltando i suoni della natura.


Vita da adulto di Beethoven (di Caterina Nannetti)

Beethoven, a circa 22 anni, si trasferì a Vienna dove incontrò Haydn, che esercitò un'influenza profonda e duratura sulla sua produzione. Dopo aver pubblicato i suoi primi Trio per piano, violino e violoncello sotto il nome di opus 1, e quindi le sue prime sonate per pianoforte, Beethoven diede il suo primo concerto pubblico il 29 marzo 1795. L'anno 1796 segnò una svolta nella vita del compositore: Ludwig iniziava a prendere coscienza della sua sordità e malgrado tentasse, in gran segreto, di arginarne il peggioramento con cure mediche, la stessa gradualmente divenne totale prima del 1820. La causa della sordità di Beethoven è rimasta sconosciuta: le ipotesi di una labirintite cronica, di una otospongiosi e della malattia ossea di Paget, sono state ampiamente discusse, ma nessuna è stata mai confermata. Si chiuse quindi in isolamento, per non rivelare in pubblico questa realtà vissuta in maniera drammatica.

Beethoven si fece una triste reputazione di misantropo, della quale soffrì, mantenendosi in rassegnato silenzio fino al termine della sua vita, consapevole che questa infermità avrebbe definitivamente distrutto la sua carriera pubblica di pianista virtuoso quale fino ad allora si era dimostrato. Dopo aver meditato, per sua stessa ammissione, anche il suicidio, si dedicò con nuovo slancio alla composizione, tentando di sfuggire ai mali che tormentavano la sua anima. In una lettera indirizzata ai fratelli espresse tutta la sua tristezza e la fede nella sua arte. Ludwig era aiutato da Maelzel, che gli costruiva padiglioni e altre invenzioni per sentirci un po' meglio. Beethoven morì a Vienna il 26 Marzo 1827, per colpa di una polmonite presa in una serata mentre stava tornando, in carrozza aperta, nella sua dimora. Il suo funerale fu fatto a Vienna il 29 Marzo 1827 e furono presenti più di 20.000 persone che dicevano “E’ morto il generale dei musicisti!”.


Frasi celebri di Beethoven

(di Ilaria Bergonzini, che ha curato anche le immagini)

  • La musica è una rivelazione più profonda di ogni saggezza e filosofia. Chi penetra il senso della mia musica potrà liberarsi dalle miserie in cui si trascinano gli altri uomini.

  • Noi, esseri finiti, personificazioni di uno spirito infinito, siamo nati per avere insieme gioie e dolori; e si potrebbe quasi dire che i migliori di noi raggiungono la gioia attraverso la sofferenza.

  • Quello che è Lei, Principe, lo è per caso e per nascita, quello che sono io, lo sono per me stesso; di principi ce n’è e ce ne saranno ancora migliaia; di Beethoven ce n’è uno solo”.


PUPAZZI ANIMATI terza parte

(di Clarissa Piccirillo)

I peluche, quindi, non sapevano proprio che fare!!! Dopo qualche istante, però, notarono che stava arrivando un uomo con una “bacchetta” in mano, il quale aveva visto e capito tutto; i peluche non sapevano chi esso fosse, ma si fidarono. Costui disse che era Ludwig Van Beethoven. I peluche si presentarono tutti e chiesero a Beethoven, nella lingua dei segni (visto che era sordo), se cortesemente potesse far visita ai loro “padroni” (i ragazzi), affinché si distraessero un po’ “dal resto” grazie alla sua musica. A suon di musica, i peluche aggiustarono allora tutti i danni planetari, uno dopo l’altro: le guerre finirono, l’inquinamento sparì… Essi diventarono amici di Beethoven, che nei periodi successivi si fece vedere sempre più spesso.

venerdì 11 dicembre 2020

Malala: il coraggio per la scuola

di Denise Corcione 2^B

Malala è una ragazza pakistana che grazie al suo coraggio ha lottato per il diritto all'istruzione di tutte le bambine, le ragazze e le donne. Proprio per questo nel 2014 ha ricevuto il premio Nobel per la pace.
Con questo mio video ho voluto riflettere su quanto siano crudeli certe persone e sulla forza d'animo di una semplice ragazza che ha insegnato a tutti a non arrendersi mai.





giovedì 10 dicembre 2020

lunedì 7 dicembre 2020

TELEC: il telegiornale della 2^C

La prof.ssa di musica S. Aceranti ha voluto sperimentare in modo educativo, ma altrettanto divertente, il genere del telegiornale, coinvolgendo la 2^C in una parodia che, se da un lato ha reso consapevoli i ragazzi dei mezzi della comunicazione sociale, dall’altro li ha fatti diventare più uniti come classe, attraverso un po’ di comicità, che non guasta mai.

Riportiamo i pareri che hanno rilasciato i nostri ragazzi a riguardo di questa bella esperienza.

COSA ABBIAMO APPRESO DA QUESTO

È stato un lavoro faticoso e impegnativo per tutti con qualche difficoltà nel procedere”.

Siamo una classe molto unita e questi “programmi” che abbiamo realizzato ci hanno aiutato ad ascoltarci e a divertirci, in questo periodo nuovo per tutti, dando un po’ di allegria e di speranza”.

Ci ha aiutato nell’essere determinati e a proseguire nei nostri progetti e in quello che crediamo”.

Ci ha aiutato ad esporci, anche se eravamo un po’ emozionati, e a combattere la nostra timidezza, dando spazio alla nostra fantasia e alla voglia di fare”.

Tutto questo ci ha aiutato davvero tanto: ringraziamo la nostra prof. per averci fatto realizzare questo programma, che si è rivelato qualcosa di emozionante e divertente per tutti”.

VIDEO EDITATO DA

Giulia Viaggi

VIDEO REGISTRATI DA

Alessia Berveglieri

Alex Ronchetti

Tommaso Barbi

ATTORI

Edoardo Faglioni

Lucia Marzio

Lorenzo Baraldi

Gabriele Caruso

Alex Ronchetti 

N.B. Tutti i video sono stati girati prima delle disposizioni sanitarie che obbligavano all'uso continuo della mascherina per tutta la permanenza a scuola.


Clicca QUI per vedere il TELEGIORNALE






venerdì 4 dicembre 2020

Berthe Morisot e le donne nell'arte

Il 25 novembre si è celebrata la "Giornata mondiale contro la violenza sulle donne": nella nostra scuola sono state organizzate diverse iniziative per sensibilizzare le classi su questo problema. Vogliamo sottolinearne una in particolare, perché ha uno speciale tocco... d'arte. Con questa attività le classi terze, guidate dalla prof.ssa C. Bonfatti, hanno voluto mettere in evidenza le difficoltà della vita per le donne nell’Ottocento, relegate al ruolo di mogli e madri. Il mondo dell’Arte, infatti, era in prevalenza maschile e le giovani donne non potevano iscriversi all’Accademia di Belle Arti. Berthe Morisot fu l’unica donna del gruppo “Impressionista”: lottò sicuramente contro quelli che volevano le donne relegate al focolare domestico e lo fece con le potenti armi della pittura e del colore.

Proponiamo un video di Diego Melangola di 3^B e diverse analisi dei dipinti dell'autrice.




LA CULLA (lettura dell'opera di Rebecca Bertoni 3^B)



Data:1872

Tecnica: Olio su tela

Collocazione: Museo d’Orsay

Descrizione: Nel quadro ci sono due soggetti, uno che osserva l’altro. Vengono raffigurate la sorella di Berthe Morisot e la figlia di essa. Il colore prevalente è il bianco rosato: il bianco, simbolo di purezza, e il rosa, perché la bimba è una femmina. La pittutra non è en plein air, perché non è realizzata all’aperto, ma al chiuso, probabilmente in una casa. Il dipinto sembra impressionista per le sue pennellate veloci e a tratti secche: si vede che l'autrice vuole esprimere l’amore che prova questa madre per la figlia. I contorni della madre non sono ben definiti, ma quelli della figlia (forse perché coperti dal velo) sono ben calcati. Si vede che la pittrice è riuscita egregiamente nel far vedere la trasparenza del tessuto che ricopre la culla. La luce viene dalla parte alta al centro con un'inclinazione obliqua da centro-sinistra verso destra, illuminando bene la culla e mettendo abbastanza in ombra la madre.

Commento: Credo che questa pittrice abbia un forte senso di volontà e credo che, per una donna dell’epoca, sia anche molto innovativa e moderna. Come stile la sua pittura mi piace molto e riesco a percepire l'emozione che voleva suscitare nel dipinto, quindi ha sempre fatto un buon lavoro. Usando dei temi molto femminili di allora, come la figlia o la vita domestica, credo che un pubblico femminile riesca a capire meglio il suo pensiero e le sue emozioni. Mi spiace molto che il suo amore non sia stato corrisposto da Edouard Monet.

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LA CULLA (lettura dell'opera di Giulia Lugli 3^C)

Data: 1872

Tecnica: Olio su tela

Collocazione: Musée d’Orsay, Parigi

Descrizione: Viene raffigurata la sorella Edma che guarda dormire la figlioletta Blanche. Con quest’opera la Morisot partecipò nel 1874 all’esposizione impressionista. Berthe vuole cogliere l’attimo attraverso il gesto della madre, che sposta lievemente il velo per coprire la bambina. L’atmosfera è calma e la tonalità chiara, dove predomina il colore bianco.

Commento personale: Trovo che questo dipinto sia importante dal punto di vista del significato, perché mostra l’amore tra i due soggetti rappresentati; anche dal punto di vista estetico è una bella opera a mio parere. Penso che l’autrice sia stata un importante esempio per le donne del tempo e di sicuro una figura molto dotata artisticamente.



LE CERISIER (lettura dell'opera di Alessandro Bulgarelli 3^C)


Data: 1891

Tecnica: Olio su tela

Collocazione: Parigi, Musée Marmottan

Breve descrizione: La scena che il quadro raffigura sembra naturale, ma in realtà è stata studiata e meditata. Il dipinto è stato elaborato in un periodo di difficoltà, tra la malattia e la morte del marito dell'autrice, cosa che lo spettatore non può immaginare, osservando questo dipinto. I colori sono per la maggior parte freddi e la pittrice utilizza delle pennellate lunghe. L'opera raffigura la nipote di Berthe, in primo piano, e la figlia Julie, che in un secondo momento è stata sostituita da una modella.

Commento personale: Questo dipinto mi è piaciuto, perché mi ricorda la pianta di ciliegio che ho a casa mia: infatti raccogliere le ciliegie per me è un’azione che mi riporta alla primavera e alla bella stagione. In termini più generali quello che mi ha colpito di Berthe Morisot è il coraggio che ha avuto nell'affermarsi in un mondo di pittori uomini, dove le donne dovevano dedicarsi solo alle attività domestiche. Per quello che riguarda le sue opere mi ha colpito, inoltre, il fatto che ha dipinto molte donne.


IL GIARDINO DI BOUGIVAL (lettura dell’opera di Elena Giovannini 3^A)


 Data: 1893

Tecnica: olio su tela

Collocazione: Musée Marmottan, Parigi

Breve descrizione: in questo quadro, Berthe rappresenta in primo piano un giardino, di cui si notano particolarmente le tre rose rosse collocate al centro del dipinto. La velocità delle pennellate e la loro "indelicatezza", riportano alle caratteristiche degli impressionisti di cui l’artista faceva parte. I colori variano dal più chiaro verde al violetto, per poi passare alle diverse tonalità di azzurro del cielo sullo sfondo. In primo piano, oltre alle rose, sembra che ci sia una porta e che l’artista avesse anche provato a crearne l’ombra usando il violetto. Al centro del quadro si concentrano tutti i colori più vivaci e vividi, che avvicinandosi alla cornice, si fanno più chiari.

Commento personale: questo quadro, con i suoi colori, riesce a trasmettermi una felicità immensa. Le pennellate, anche se veloci e imprecise, trasmettono tranquillità e si possono quasi percepire i movimenti del polso della Morisot mentre dipingeva. Trovo che questa donna abbia affrontato molte ingiustizie nella sua vita e le continui a ricevere attualmente, a causa del suo sesso e dei pregiudizi della società. Ma questo non le ha mai fatto smettere di dipingere, infatti lei ha continuato quasi fino alla sua morte. Perciò la considero un esempio e una persona che non si merita di essere dimenticata, mentre citiamo i vari artisti che presero parte al movimento degli impressionisti. E' bensì una donna di cui il coraggio e il talento dovrebbero essere scritti nei libri di storia.






venerdì 27 novembre 2020

MTiny: il Panda che emoziona!

di A. Galavotti
maestra della scuola dell'infanzia




Dal momento in cui l’ho visto ho pensato: “questo spacca!”: non è probabilmente quello che direbbe una pedagogista, un’esperta di didattica, ma è la sintesi perfetta (e reale) dell’impatto del robot con gli occhioni sui bambini (e, neanche a dirlo, sulle maestre!).

MTiny è un robot educativo dall’aspetto di un panda che si può guidare con un joystick, si può programmare con dei “blocchi” che ricordano quelli di Scratch Jr, ha un tappeto a incastri interattivo utilizzabile da entrambi i lati, si “maschera” da altri animali, ma soprattutto è un robot che si emoziona e che mostra ciò che “prova” attraverso i suoi grandi occhioni: questo è il grande, enorme valore aggiunto con cui MTiny permette di arricchire i giochi di programmazione. 

MTiny permette giochi di riconoscimento delle emozioni: Alcune emozioni, definite primarie, sono comuni a tutte le culture e connotate da una mimica facciale tanto simile che vengono riconosciute universalmente(1): MTiny riproduce alcune di esse e altri stati d’animo ben noti ai bambini in modo riconoscibile, efficace e accattivante. Quando si ferma sui disegni della griglia, a seconda dell’animale che interpreta, reagisce diversamente: il panda/cane è felice quando arriva sull’acqua, il panda/gatto invece si arrabbia, il panda/pulcino è felice quando arriva sulla pannocchia, il panda/panda invece diventa triste. I bambini osservano le reazioni di MTiny, le riconoscono e danno loro un nome condiviso da tutti, abilità emozionale, questa, non scontata(2). Si discute insieme delle ragioni delle varie reazioni e di cosa si può fare per far stare meglio MTiny. Attività come questa possono arricchire le tante proposte della scuola dell’infanzia sul riconoscimento e la gestione delle emozioni, anche con bambini di 3 anni, che si divertono a guidare il panda con il joystick.


MTiny Permette anche di fare previsioni sulle emozioni che scaturiranno: i bambini fanno ipotesi su come potrà reagire MTiny quando andrà a letto, se si fermerà sull’immagine del fantasma, se arriverà sul libro da leggere; dopo aver fatto le ipotesi le verificano essi stessi, programmando a blocchi (i più grandi) o guidando con il joystick (i più piccoli).

 MTiny è dotato di un Kit che offre tanti spunti operativi diversi: uno degli oggetti cui magari si dà meno importanza è la bandierina. In realtà nulla pare lasciato al caso e al posto della bandierina basta issare il nome del bambino perché MTiny empatizzi con il bambino stesso: se sulla bandierina c’è scritto il nome Lorenzo, egli lo programmerà e MTiny si sentirà proprio come lui (arrabbiato, quando il suo cane gli fa i dispetti).

Dopo aver valutato le reazioni di MTiny rispetto agli elementi del tappeto, i bambini costruiscono una loro griglia personale, con la rappresentazione di fatti che suscitano in loro determinate emozioni (sono felice quando mangio il cioccolato, sono triste quando mio fratello mi picchia, sono arrabbiato quando mi dicono le parolacce, ho paura del buio…). Ora MTiny si “trasforma” nei bambini issando, a turno, i loro nomi e ognuno programma il robot non solo perché si muova e raggiunga una determinata postazione, ma anche perché, una volta arrivato, rispecchi l’emozione suscitata nel bambino. 


 Questa possibilità è un elemento molto potente: i bambini devono riflettere su un’emozione, devono dargli un nome ma soprattutto trovano un veicolo su cui trasferire tale emozione e renderla nota, condivisa, visibile a tutti e, soprattutto in caso di emozioni non piacevoli, più gestibile, più sopportabile non più causa di vergogna (“è il panda che ha paura del buio, non io…!”)

 Grande attenzione viene posta alla programmazione dei movimenti ma, con MTiny, altrettanta è dedicata alla programmazione dell’emozione. Attraverso una storia drammatizzata dal robot stesso, i bambini scoprono che Panda e suoi amici (Gatto, Cane e Pulcino) possono provare diverse emozioni e stati d’animo, quando arrivano a scuola: perché vogliono stare a casa con la mamma o per colpa di un fratello dispettoso o di una sveglia che non ha suonato... E loro, i bambini, come si sentono quando arrivano a scuola al mattino? Durante l’appello il robot, attraverso le bandierine, si trasforma in bambino che va a scuola: il bambino programma il percorso e “passa” al Robot il suo stato d’animo, raccontando come egli si senta, dando voce a un’emozione che a volte si può faticare ad esprimere e, talvolta, alleggerendo il bambino di un piccolo peso a cui non riusciva a dare un nome(3).





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(1) D. GOLEMAN, L’intelligenza emotiva, 1995. Nell’appendice A l’autore fa riferimento alla discussione in atto tra gli psicologi su quali siano, per definizione, le emozioni primarie e cita lo studio di P. Ekman relativo al riconoscimento delle espressioni facciali di gioia, paura, collera, tristezza.
(2) D. GOLEMAN, L’intelligenza emotiva, 1995.
(3) P. MANUZZI, Pedagogia del gioco e dell’animazione, Guerini studio, 2002. Nel paragrafo “Gioco, emozioni, affetti. La prospettiva psicoanalitica” l’autrice sintetizza gli apporti di Kline e Winnicott rispetto agli oggetti come medium per la rappresentazione mentale degli stati emotivi.











mercoledì 25 novembre 2020

News 1^A: notizie e storie di una magnifica classe (seconda parte)

Continuiamo la pubblicazione delle notizie che ci arrivano dalle nostre corrispondenti di 1^A, che con la loro creatività costituiscono un blog nel blog e ci tengono aggiornati sul mondo delle classi prime.



IL PUNTINISMO (Sofia Guerzoni)

Venerdì 3 ottobre, nelle ore di arte, in 1^A si è sviluppata una nuova tecnica di disegno artistico: il puntinismo. Alla 1° ora la prof. ha spiegato che cos’è un punto, con immagini e con letture. Alla seconda ora, invece la prof. ha fatto disegnare fumetti a piacere con la tecnica del puntinismo, e in 1^A si sono scoperti talenti incredibili!


I PUPAZZI ANIMATI-seconda parte (Clarissa Piccirillo)

Mentre i ragazzi della 1^A erano a scuola, i pupazzi arrivavano da ogni paese della terra con una specie di ascensore volante, che si muoveva in pochissimi secondi da una parte all’altra del mondo. Una sera, però, i ragazzi si misero d’accordo per vedersi tutti insieme con i loro pupazzi, facendosi compagnia. I pupazzi aderirono alla proposta dei ragazzi, ma dimenticarono la missione di salvare il mondo per cui erano stati costituiti. Quella sera la compagnia si fece talmente prendere dal divertimento, che il quartiere si inquinò e nel mondo scoppiarono altre cinque guerre! Così i pupazzi non ebbero altra scelta: insieme ai loro padroni decisero di andare in soccorso del mondo, affinché l’umanità si salvasse...


L'ANGOLO DELL'ARTISTA (Ilaria Bergonzini)


I pupazzi animati


IL RAZZISMO (Caterina Nannetti)

Il razzismo è un’ideologia che va combattuta ed eliminata.

Il razzismo deriva dalla parola “razzae dal concetto che essa richiama: certamente le razze esistono, ma nel caso dell’essere umano, ne esiste una, quella umana. Tutti apparteniamo a quella: bianchi, neri, gialli… Tutti sullo stesso piano, tutti uguali, tutti in quell’unico gruppo, tutti aventi la stessa dignità. Ecco perché razzismo non ha senso: chi invoca il razzismo combatte se stesso. Al mondo troppi paesi ne sono stati influenzati (Stati Uniti, Italia, Francia, Gran Bretagna…), perché discriminano le persone per la loro diversità, e questa è una cosa molto triste, perché non bisogna fare differenze, al contrario bisogna aiutarsi.

Non c’è un valido motivo perché il razzismo esista, forse perché alcune persone si sentono superiori e sfogano la propria rabbia su altri esseri umani indifesi, che non hanno la possibilità o il coraggio di ribellarsi.

Per questo dobbiamo impegnarci, affinché il razzismo venga eliminato nel mondo. Si può fare questo rispettando gli altri e chiedendoci sempre se quello che noi facciamo al nostro prossimo ci farebbe piacere se venisse fatto a noi.


Il cartellone è realizzato da Caterina Nannetti




Neighbors: il cinema visto dalla 2^A

CIAK: SI GIRA! L'esperienza del covid sta mutando il nostro modo di insegnare e fare scuola, per continuare a veicolare contenuti educativi e nello stesso tempo coinvolgere gli studenti dal punto di vista delle relazioni. Schermi, mascherine, distanziamento sociale possono essere un limite alla normale vita scolastica. O forse no? La prof.ssa S. Aceranti ha pensato di utilizzare il linguaggio del cinema per avvicinare i ragazzi tra loro e per renderli consapevoli della positività dei mezzi di comunicazione sociale se l'obiettivo è "fare cultura". 

"L'idea di portare il cinema in classe - afferma la prof.ssa intervistata - nasce con lo scopo di veicolare meglio il lavoro di squadra, allargare gli orizzonti e la cooperazione, pur nel rispetto stringente delle norme sanitarie. Abbiamo infatti lavorato sull'espressività, enfatizzando la mimica come linguaggio non verbale per esprimere i sentimenti. Grazie alla sinergia del linguaggio gestuale e musicale, vi è stata una forte presa emozionale, che ha consentito il coinvolgimento della classe, favorendo una positiva e completa collaborazione tra i nostri attori, e tra questi e gli ideatori, i registi e i costumisti che hanno lavorato dietro le quinte".  

Non ci resta che mostrarvi il film della 2^A, assieme a tante curiosità accadute durante la registrazione. Non serve il biglietto: mettetevi comodi! 


















venerdì 20 novembre 2020

Una panchina gialla contro il bullismo

Oggi, 20 novembre 2020, dopo tante ore di lavoro, è pronta davanti alla nostra scuola la panchina gialla contro il bullismo e il cyberbullismo che i ragazzi della scuola secondaria di primo grado hanno dipinto insieme agli insegnanti. Il nostro Istituto è stato infatti felice di accogliere il progetto dell'associazione Helpis onlus di Pavia, che il Comune di Cavezzo ha sostenuto, con il patrocinio del Ministero dell'Interno. Grazie alla paziente collaborazione dell'assessore Ilaria Lodi, che ha tenuto i contatti con l'associazione, e dell'assessore Mario Tinti, che ha garantito il materiale e l'assistenza degli operai comunali, gli insegnanti della scuola secondaria hanno avuto occasione di dedicare diverse ore di volontariato scolastico, speso insieme ai ragazzi per realizzare questo lavoro manuale. L'attività è stata un'opportunità per parlare a tu per tu di problemi scolastici e comportamentali, valorizzando il concetto di bene comune e di benessere scolastico. A causa dell'emergenza covid, non si è potuta tenere l'inaugurazione con le diverse parti che hanno contribuito al progetto e che era stata fissata per oggi, in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza. Il Comune ha voluto comunque presenziare davanti al lavoro della nostra scuola, come segno gradito della collaborazione che lega scuola e società. D'ora in poi, ogni persona che passa per questa strada non può non notare il vivace colore giallo della panchina: è un modo per ricordarci sempre che a scuola il rispetto e la dignità di ogni persona è il valore fondamentale per imparare a diventare i cittadini e gli adulti di domani.

Invitiamo i nostri lettori a visitare la pagina Facebook del Comune di Cavezzo, dove potete trovare un post che parla di questa iniziativa. Ecco il link: 

https://www.facebook.com/ComunediCavezzo/posts/377049247055383


















20 novembre 2020 - Giornata internazionale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza

Scuola dell’Infanzia “Il Castello”

Ogni anno insieme ai bambini riflettiamo sul significato di un diritto della Convenzione e documentiamo pensieri e riflessioni con l’intento di condividerlo con la comunità. Quest’anno il coordinamento dell’Area Nord ha proposto di affrontare il diritto all’educazione (Art. 28 e 29). Ogni sezione ha trattato il tema contestualizzandolo. Sono emersi:

il COME: i bambini hanno diritto di imparare usando le mani, sporcandosi, di esprimersi con tutto il corpo e attraverso la sperimentazione di tutte le forme artistiche.

Il DOVE: i bambini hanno diritto di avere un luogo sicuro e confortevole in cui ricevere un’istruzione, hanno il diritto di dirci come tale luogo dovrebbe essere, hanno il diritto di essere presi in considerazione.

Il COSA: i bambini hanno diritto di imparare contenuti adatti alla loro età, ma anche di avere buone relazioni con gli adulti e con i compagni e di imparare ad assumere comportamenti rispettosi nei confronti degli altri e dell’ambiente circostante.

I pannelli sono visibili alla comunità, appesi alla recinzione del giardino della scuola.

(Clicca su ogni immagine per ingrandirla)