mercoledì 24 febbraio 2021

Notte dei Racconti alla scuola dell'infanzia

 di A. Galavotti

La Notte dei Racconti è un'iniziativa promossa da Reggiochildren nell'ambito delle iniziative di Reggionarra. Nella settimana in cui ricorre il compleanno di Loris Malaguzzi, tutti (scuole, famiglie, biblioteche...) sono invitati a celebrare la ricorrenza attraverso la lettura di storie, la condivisione di un momento, di uno spazio, di un colore. Ogni anno, una sera, tutti alla stessa ora, si spegneva tutto (televisione, telefoni, radio...) e si accendevano le storie. Voci che raccontano, occhi che osservano e orecchi che ascoltano.
Negli ultimi due anni scolastici avevamo organizzato un evento aprendo la scuola alle famiglie: quest'anno non si può. Ci si può, però, raccogliere in sezione, creare la giusta atmosfera e accogliere tre insegnanti diverse per ascoltare, incantati, tre storie diverse; per guardare il mondo CON GLI OCCHI DELLE STORIE!










venerdì 19 febbraio 2021

Il coraggio di scegliere - cap. 3: Un agnello in mezzo ai lupi

Una notizia drammatica investe Tommaso: lo legherà o lo allontanerà dal suo migliore amico? E poi una missione pericolosa proposta da Diana. Per il nostro protagonista la vita sembra complicarsi ancora di più e la sensazione è come quella di essere circondato da lupi invisibili. Ecco il terzo capitolo del nostro giallo sul cyberbullismo! Buona lettura!




Oggi Diana deve venire a casa. Spengo la sveglia e mi alzo. Non appena apro gli occhi, guardo soddisfatto la camera messa in ordine ieri. Quando ho chiesto alla mamma se avessi potuto invitare qualcuno a casa, si è illuminata. Quando poi ha scoperto che era una ragazza, sembrava al settimo cielo. Sembra davvero felice al pensiero che io abbia nuovi amici, ma non sa che sto per aprire la porta di casa al lupo.

Diana è una bella ragazza, ma il fatto che è amica di Martina mi lascia interdetto. Lei che sembra così riservata, amica della regina del gossip: questo non me lo spiego. Finisco di accompagnarmi i capelli con le mani e mi lavo i denti. A dir la verità non ho molta voglia di vederla oggi, ma non ho molte alternative, perché il labirinto inizia a starmi stretto.

Salgo in macchina e mia mamma mi sta sorridendo da orecchio ad orecchio. Percepisco l’inizio dell’interrogatorio: «Come si chiama?» chiede lei, guardandomi. «Diana» le rispondo calmo. Prima di scagliare la prossima domanda, la mamma si prende qualche minuto per studiarmi, sposta la ciocca di capelli ramati dal viso e vedo gli occhi tra l’azzurro ed il grigio diventare più limpidi e sorridenti. Sembra si sia appena tolta un peso: «È in classe con te? Vuoi raccontarmi qualcosa?». È davvero molto curiosa. Di primo acchito vorrei chiederle di aspettare le 16 di oggi, poi decido di prepararla, così almeno non farà domande imbarazzanti a Diana. «Sì, è la mia compagna di banco. Studia e si impegna, ha voti molto buoni. Scrive cose geniali, ma non ha intenzione di entrare nel giornalino della scuola, ancora non ne ho capito il motivo. Inoltre, è una ragazza di statura normale, ha boccoli marroni, fa battute molto divertenti ed è una ragazza solare. L’unica pecca è che è amica di Martina». Vedo mamma rabbuiarsi. «Tuttavia, non c’entra nulla con lei. Diana è alla mano, spiritosa e gentile. Non sembra parte della sua indole sparlare delle persone e ferirle». Faccio un respiro e assaporo il silenzio, vedo la mamma prepararsi a parlare. Noto che sta calibrando le parole, non è un buon segno.

«Tommaso, sta’ attento. Sarò in casa qualsiasi cosa serva, tieni la porta aperta. Le persone poche volte sono realmente quello che sembrano». Si prende una pausa per pensare e ricomincia: «Non scaricare Alberto per questa nuova ragazza, sta vivendo un momento delicato». La guardo con aria interrogativa, invitandola a proseguire: «Mi ha chiamata Caterina nel weekend. Pare che lei e Massimiliano siano arrivati ad un punto di non ritorno: si separeranno presto». Un macigno. Sono davanti a scuola e devo scendere: «Grazie per la dritta mamma, ci vediamo dopo».

I genitori del mio migliore amico si stavano separando. La scuola, come sempre, si erge imponente, noncurante di tutto il male che i suoi alunni, compreso me, stanno infliggendo ad un povero ragazzo, un dolore più forte di lui. Sono il suo unico punto di riferimento in questo momento, come posso fargli questo? Ecco perché tutte quelle chiamate e poi il silenzio, sia per messaggio che a scuola. Si sta chiudendo in se stesso.

Mi suona il cellulare, proprio non ci voleva. «Numero sconosciuto: Sto studiando ogni tua mossa, anche in questo momento. Metti il cellulare spento in cartella, come da regolamento. Buona giornata». Mi guardo intorno, cercando di trovare Martina, ma di lei nessuna traccia. Sarà nascosta da qualche parte. Vedo Gabriele all’entrata dell’edificio preoccupato: appena mi vede, mi viene incontro. «Cosa vuole adesso?» penso.

«Ciao, Tommaso. Martina ultimamente ha qualcosa di strano. Sembra sempre preoccupata, come te. Mi chiedevo cosa potesse essere: la scuola, un’amica o un amico, una prof che l’ha presa male… So anch’io com’è fatta» lo ascolto guardandolo negli occhi, sembra sincero. «Non so cosa le stia succedendo, proverò a stare più attento. Appena ne so qualcosa, ti avviso» gli rispondo gentilmente. «Tieni il mio numero di telefono, così non dovrò aspettarti sempre all’entrata» dice, passandomi un bigliettino, mentre sorride. Accetto il pezzettino di carta, sorridendo a mia volta, lo piego e lo metto in tasca. Gli faccio un cenno di saluto e mi dirigo in classe. Finalmente so che domande fare a Diana oggi.

Appena entro, vedo Beatrice, la sua chioma bionda mi illumina la giornata e i suoi occhi azzurri sono puntati su di me. Dopo che ho sistemato la cartella al mio banco, si alza sorridente e viene verso di me, un colpo al cuore. Cerco di sembrare naturale: alla minima reazione strana, potrebbe accorgersi che mi sento strano quando c’è lei. «Sei pronto per lo scritto di italiano? In base a questo si deciderà se entreremo nel giornale: mi sembri comunque sul pezzo, non ti devi preoccupare» dice con voce tranquilla. Mi stavo dimenticando del tema di oggi. «Sì, sono in forma. Vedremo come andrà a finire: in bocca al lupo!» le rispondo sorridendo. Mi sorride anche lei e mentre si allontana, incrocia le dita come per scaramanzia.

Mi accomodo sulla mia sedia e vedo Diana entrare. Mentre lei si sistema, io le scrivo un bigliettino: «Pronta per oggi? Ho preparato una buonissima merenda. C’è qualcosa che non puoi mangiare?». Lei prende il bigliettino e lo legge con calma. Sembra che abbia la testa da un’altra parte, non è esattamente il tipo di reazione che mi aspettavo. Mi ripassa il bigliettino: «No, posso mangiare tutto. Non dare troppo nell’occhio: oggi è la giornata delle selezioni per il giornale. Ti spiegherò meglio questo pomeriggio». Piego il bigliettino e lo metto nello zaino.

La giornata passa in fretta, il tema l’ho ricontrollato venti volte prima di consegnarlo. Spero sia andato bene. Oggi Alberto era assente, mi lascio andare sul sedile della macchina e racconto alla mamma della storia che avevo scritto. Arrivato davanti al portone di casa, mamma mi fa scendere per andare a cercare parcheggio. Prendo le chiavi in mano per inserirle nella toppa, quando vedo una figura non molto alta avvicinarsi verso di me. È Alberto, che in lacrime ha aspettato mezz’ora su una panchina che tornassi da scuola. Guardandomi attentamente in giro, gli faccio segno di entrare con me, poi come due fulmini per le scale. Vecchia tradizione di quando eravamo bambini. Appena entriamo in casa, noto che ha con sé uno zaino: gli prendo un bicchiere d’acqua e lo faccio accomodare.

«C’è un tizio che mi spia: mi ha scritto che mi sta tenendo d’occhio. Il primo giorno non ci ho creduto, ma lui mi ha prontamente mandato la foto della finestra di camera mia» mi dice Alberto spaventato. Non faccio fatica a credergli, visto che anch’io mi sento gli occhi costantemente puntati addosso e mi arrivano quei messaggi anonimi. «Ho paura e a casa mia non mi sento sicuro: potrei rimanere?» mi chiede, asciugandosi le lacrime. «I tuoi sanno che sei qui?» prima di chiedere a mia mamma, vorrei capire se è necessario passare anche per Caterina e Massimiliano. «No. Oggi ho detto che non stavo proprio bene e la mamma mi ha lasciato nel mio letto, a casa» mi risponde dispiaciuto. «Ok Albi, ho capito. Ci penso io».

Nel frattempo entra mia mamma: che tempismo! Avrà sicuramente trovato la vicina e si sarà fermata a chiacchierare. «Mamma, ho invitato Alberto da noi… non si sente bene a casa con i suoi che litigano» le dico piano, avvicinandomi. «Può rimanere? Non l’ha ancora chiesto ai suoi, perché si sente un po’ male… Potresti farlo tu per favore?». «Va bene, Tommy, può stare qui per tutto il tempo di cui ha bisogno per me. Vado a chiedere ai suoi».

Tiro fuori la Play e gioco con il mio migliore amico come ai vecchi tempi, quasi mi scordo del tempo che passa. Suona il citofono e mi riporta alla realtà: «Ah è vero, Diana!» penso. «Aspettavi qualcuno oggi?» mi chiede Alberto. «Sì, Diana, la mia compagna di banco. Ma non ti preoccupare». Corro ad aprire e trovo Diana sorridere come non mai, ma quel sorriso si spegne non appena vede Alberto: ha visibilmente paura.

«Abbiamo una missione: Martina ha appena portato una busta in piazza Matteotti sotto alla statua del leone. L’ho vista arrivando. Sbrighiamoci che forse la intercettiamo!» dice Diana trafelata. Io e Alberto infiliamo scarpe e giubbotto in velocità. Diana mi osserva e mi chiede: «Sei sicuro che sia una buona idea portarlo con noi?». Guardo Alberto e poi rispondo: «Io starò dietro con lui, controllando che nessuno ci veda».

Ci fiondiamo giù per le scale. Diana corre velocissima verso la piazza, noi la seguiamo passeggiando, mentre mi guardo intorno. «Lo so cosa stai facendo: non vuoi farti vedere con me oppure vuoi proteggermi?» mi chiede Alberto alterato, fermandosi. «Alberto, seguimi, non fare storie… a casa ti spiegherò tutto». Ormai Diana non si vede più. Alberto non si muove, vuole capire qui e ora.

Vedo Gabriele in fondo alla via che parla con una figura incappucciata: faccio segno ad Alberto di nasconderci. Dal mio rifugio mando un messaggio a Diana: «Io: SOS, arriva Gabriele!». Gabriele inizia a correre come un pazzo: presumo che il suo obiettivo sia proprio la busta sotto la statua. Di Diana nemmeno la traccia ancora. Ormai Gabriele ha svoltato ed è entrato in piazza. Ho il cuore in gola e ho paura finisca malissimo. Diana manda un messaggio: «Ho fatto la foto al biglietto all’interno della busta, mi sono nascosta per studiare meglio Gabriele. Aspettatemi in casa, non è sicuro per Alberto… stanno arrivando tre ragazzi incappucciati». Non me la sento di lasciare Diana sola, quindi accompagno Albi in casa e mi fiondo da lei.

Era nascosta dietro una macchina: mi accovaccio vicino a lei. I tre ragazzi studiano Gabriele mentre si guarda in giro, cercando qualcosa. Sembra non essersi accorto del pericolo. Come tocca la busta, i tre ragazzi incappucciati si avventano su di lui e iniziano a picchiarlo: vorrei intervenire, ma ho paura. Dal negozio della parrucchiera esce un uomo e urla ai ragazzi di andarsene. Uno dei tre scappa e afferra la busta. Diana ed io abbiamo paura e tratteniamo il fiato, sperando non passino dalla nostra parte. Per fortuna scelgono la via opposta. Gabriele è a terra con qualche livido e il naso sanguinante.

«Non può essere Martina l’artefice di tutto questo: tiene a Gabriele più che al suo quadernino dei gossip» dice Diana preoccupata. «Lei è una pedina come tutti noi: Gabriele era qui per investigare. Ma quando ti sei avvicinata tu, c’erano i mascalzoni?» le chiedo preoccupato. «No, li ho visti arrivare mentre mi stavo nascondendo per non farmi vedere da Gabriele» dice Diana, tirando un sospiro di sollievo. L’uomo porta Gabriele nel negozio per medicarlo, mentre noi piano piano ci allontaniamo, assicurandoci di non essere visti. «Ho preso, una decisione: non volterò le spalle ad Alberto. Nemmeno se mi dovessero conciare come Gabriele» dico a Diana, sperando che lei non se ne vada. «Capisco la tua decisione: secondo te per me è troppo tardi provare ad essergli amica?» mi chiede, guardandomi con due occhi verdi dispiaciuti. Io le sorrido e le faccio l’occhiolino.

Arrivati a casa, tiro fuori la merenda e invito Alberto a sedersi con noi. Prima di guardare la foto del contenuto della busta, voglio essere chiaro e non voglio nascondere più nulla al mio migliore amico: «Alberto, mi hanno minacciato, affinché io ti stessi lontano. Abbiamo motivo di credere che stiano minacciando anche Martina: oggi in piazza hanno picchiato Gabriele. Non è uno scherzo: c’è da stare attenti, dobbiamo unirci per trovare il responsabile!» dico, mentre vedo Alberto sgranare gli occhi. «Diana, potresti leggerci il contenuto della busta per favore?» chiede Alberto in modo fermo. Lo vedo cambiato rispetto a prima in strada. Ha capito che stiamo correndo tutti un rischio, ma che non abbiamo intenzione di lasciarlo solo.

Diana sblocca il suo smartphone e legge: «Giochetti, intrighi e maldicenze. Erano questi i patti tra noi: non spaventerò Diana a morte». Cala il silenzio. Lei sarà la prossima preda, io sono appeso ad un filo per il giornale della scuola e Alberto è già caduto nell’abisso. Dobbiamo studiare un piano.

Il mio cellulare suona, è appena arrivato un messaggio: «Numero sconosciuto: Gli amichetti che investigano perché preoccupati per un amico non mi piacciono. Uno è stato sistemato… Chi sarà il prossimo?». Poi suona quello di Alberto: «Numero sconosciuto: Perché non sei in camera tua? Sei dalla nonna? Troppi litigi?». Ed infine, per ultimo, suona il cellulare di Diana e lei inizia a tremare: «Numero sconosciuto: Credevo fossi una semplice pedina, invece sei anche più importante del fante e della torre: sei addirittura la regina. Fortunatamente non stiamo giocando a scacchi, io posso muovermi in ogni direzione anche senza aspettare il tuo turno».

Da un agnello solo in mezzo ai lupi siamo diventati tre: è il momento di giocare.


 

giovedì 18 febbraio 2021

Abitare la rete: gli spot delle terze

di C. Piva, docente di educazione musicale

Essere cittadini digitali oggi significa saper utilizzare in modo critico i media, partecipare rispettando le norme, immaginare le implicazioni della propria presenza online, ma anche rispettare e pretendere rispetto delle proprie emozioni e dei contenuti che si condividono. Dopo aver studiato il linguaggio pubblicitario, con i ragazzi di terza abbiamo riflettuto sul significato di alcune parole chiave messe in relazione alla loro vita sul web e alle loro esperienze online: prudenza, conformismo, omertà, resistenza. A piccoli gruppi i ragazzi hanno scelto una di queste parole chiave e prodotto degli spot con lo scopo di aiutarci a capire meglio come abitare la rete.


 
































mercoledì 10 febbraio 2021

Il coraggio di scegliere - cap. 2: Quale parte di cuore tenere?

Continua con la seconda uscita il nostro racconto a puntate sul cyberbullismo, scritto da Sara Caimi. Il protagonista si trova di fronte ad una scelta importante ed il suo cuore ne risulta diviso. Chi sarà la persona misteriosa che gli manda messaggi anonimi? E tu cosa avresti fatto al suo posto? 




Ho rimuginato il pensiero tutto il weekend e rimandato la decisione fino a lunedì. Ma ora, alle 6:00 del giorno fatidico, non ho nemmeno fame. Allontano la tazza colma di latte, mentre trattengo le lacrime. Mi sono chiuso in camera mia tutto il tempo. Ho evitato Alberto che mi ha chiamato parecchie volte.

L'ho deluso, lo so. Mentre mi arrovello nei miei sensi di colpa, arriva un messaggio: «Numero sconosciuto: hai scelto da che parte stare? Mi raccomando: se mi deludi oggi, finirai nell'occhio del ciclone». Mi parte un dolore allo stomaco, voglio darmi per malato. Mamma mi accarezza la testa con affetto e mi dice: «Coraggio, tesoro, muoviamoci. Bevi almeno metà della tazza: papà si è svegliato prima, perché tu avessi la colazione fatta».

Non ho scelto e non voglio farlo. Ma se voglio ottenere quel posto nel giornale, devo eseguire. Ho deciso che terrò il piede in due scarpe. Mando un messaggio ad Alberto: «Ciao, Albi! Scusa, sono molto impegnato con l’ammissione all’esame della scuola. Ti invito a casa sabato, così facciamo merenda insieme e giochiamo ai videogiochi. Non riuscirò a parlarti in classe, sarà l’occasione per raccontarci le nostre cose».

Devo far finta di non calcolarlo a scuola, per preservarmi la reputazione e vederlo fuori da scuola. Mi sento un vero vigliacco. Spero che Alberto non lo scopra e che non lo faccia nemmeno l’artefice dei messaggi anonimi. Sono tra l’incudine ed il martello. Alberto non risponde e io sento di averlo tradito. Lui, che mi è sempre stato accanto, non lo merita, ha sempre scelto di stare dalla mia parte. Io da codardo, invece, ho scelto me stesso. Non merito nessun amico, ma non ho nemmeno il coraggio di scegliere di meritarlo.

Con malavoglia salgo sull’auto di mia mamma. Lei si aggiusta il rossetto, guardandomi furtivamente. Forse ha capito, ma io non ho intenzione di vuotare il sacco. Chiudo gli occhi, facendo finta di dormire per tutto il tragitto.

Il mio piano sembra funzionante, mi sento al sicuro. Sono davvero così intelligente da essere riuscito a raggirare il mio aguzzino? Non ho il coraggio di pensarci. Il motore della macchina, che fino a quel momento ha accompagnato i miei pensieri, è spento dal giro di chiave della mamma. Apro gli occhi, di scatto, come dopo un brutto sogno. Dopo aver salutato, scendo dalla macchina, frastornato.

Guardo la scuola: si erge incurante di tutto ciò che accade al suo interno. Riluttante, prendo lo zaino e me lo carico in spalla. Sono pronto alla battaglia di oggi.

Entrando, incontro Gabriele, il migliore amico di Martina, che mi dice: «Amo vedere quel sentore di paura nei tuoi occhi: hai una verifica importante, immagino» e mi fa un occhiolino. Io gli rispondo, perso nel mio mondo, con un semplice: «Sì, proprio una verifica. Buona giornata».

Sono una persona assente, il fantasma di me stesso. Non ho mai pensato sarebbe arrivato il giorno in cui avrei dovuto scegliere tra i miei amici ed i miei sogni. A quanto pare fa parte della crescita: devo rinunciare a qualcosa di bello, per ottenere qualcosa di altrettanto bello. Me lo ripeto in testa, mentre mi avvio verso la classe. Arrivato sulla soglia della stanza, sento che è il momento di decidere.

Scelgo di non farlo. Mi tengo da parte, non volto le spalle ad Alberto e cerco di non far trapelare informazioni riguardo a questo. Entra Alberto, tiro fuori di fretta il mio quaderno delle ispirazioni, perché lui possa credermi concentrato. Mi passa di fianco, mi scruta: ha capito che sto fingendo? Poi passa avanti senza disturbarmi: me la sono vista brutta.

L’atmosfera nell’aria cambia: stupore ed imbarazzo aleggiano nell’aria. Io e il mio grande amico non ci siamo salutati. Qualcosa sta accadendo.

Il gruppo delle pettegole di Martina vuole saperne di più: viene sguinzagliata Diana. Diana è la mia compagna di banco, si siede vicino a me e mi pervade con quel suo profumo alla vaniglia ormai nauseabondo. Non ha il coraggio di parlare con me, lo vedo dalla sua goffaggine e lo percepisco dai suoi respiri. Vedo Martina in fondo all’aula arrabbiarsi, facendole segno di procedere.

La mia compagna di banco, per paura della femmina alfa del suo gruppo, si sblocca: «Senti Tommy, ho visto che non hai parlato con Alberto prima… non l’hai nemmeno guardato. Ti va di vederci domani pomeriggio, così mi racconti che è successo?». Panico: non sono mai uscito solo con una ragazza e non voglio di certo farlo per la prima volta con una sottospecie di spia russa mandata dalla regina del gossip.

Mi fermo, appoggio la penna e la guardo. I suoi capelli bruni sono perfettamente raccolti in una folta coda di cavallo riccia, mentre i suoi occhi marroni sono sottolineati da delle lentiggini che sembrano appena sussurrate. Le fisso le labbra carnose, da cui sono appena uscite quelle parole. Lei si sente a disagio: lo vedo dalle sue mani che continuano ad intrecciarsi e a lasciarsi andare per mezzo delle lunghe dita affusolate che finiscono nel colore verde pastello di cui ama pitturarsi le unghie.

Martina aspetta impaziente in fondo all’aula e mi scruta: sta perdendo la pazienza. Diana inizia a tremare di paura: so che la sua “capa” non la perdonerebbe nel caso tornasse a mani vuote. In un pico-secondo decido che userò la situazione a mio vantaggio. «Certo, domani pomeriggio sono libero. Da te o da me?» dico tutto d’un fiato. Lei sorride e, sollevata, mi ringrazia, tornando dalle sue amiche. Ho accettato la spia, sarò in grado di gestirla?

Mi sembra di essere chiuso in gabbia. Un giramondo che crede di viaggiare, ma ripercorre sempre la stessa strada, effetto labirinto. Mi sento come Icaro, imprigionato perché Teseo è riuscito ad entrarci ed uscirci. Se solo avessi anch’io la mia Arianna, un filo che mi conduca nelle viscere della terra e che mi permetta di uscirne vivo. Invece sono qui con Dedalo, mio padre. Rappresenta la mia coscienza quasi anziana, senza filtri e talvolta insistente. Siamo io e le mie paure, costantemente legati e costantemente dipendenti. Riuscirò a fare in modo che Diana, senza accorgersi, diventi la mia Diana? La regina che mi ha rinchiuso qui dentro è Martina: non ho più il mio amico di sempre, devo prendere ciò che arriva.

Mi risveglio dalla mia riflessione, mancano pochi minuti dal suono dell’ultima campanella della giornata. Diana mi passa un bigliettino, sorridendo. Mentre guardo la prof accomodarsi alla cattedra per firmare il registro, nascondendomi dietro il mio voluminoso astuccio, apro il bigliettino e lo leggo: «Non vedo l’ora di vederti domani pomeriggio. Credo avremo bisogno l’uno dell’altra: organizziamo da te, perché Martina vuole appostarsi per ascoltare. Passo per le 16:00».

Impulsivamente mi viene da declinare: in casa mia non entra proprio nessuno e sospetto sia una mossa per conquistarsi la mia fiducia. Inspiro e rifletto, mia mamma sarà in casa. Qualsiasi problema, un adulto c’è.

Rispondo al biglietto con un altro, intascandomi il primo. Le lascio il beneficio del dubbio: non voglio che Martina lo trovi. «Via Gioachino Rossini, 7 – Cavezzo» scrivo frettolosamente, prima di ritirare tutto dal banco. Glielo porgo e lei mi fa un occhiolino. Il dado ormai è tratto, sto per aprire la porta al lupo.


lunedì 8 febbraio 2021

La biologia della 4^A

La biologia è la scienza che studia la vita in tutte le sue forme: conoscere e meravigliarsi della sua bellezza è il primo passo per imparare a prendersi cura di tutti gli esseri del nostro pianeta. I bambini della 4^A della scuola primaria hanno espresso con tanta fantasia e creatività il frutto del loro studio e vogliono condividere con noi la gioia di quello che hanno imparato a scuola.




domenica 7 febbraio 2021

Futuro, tecnologia, territorio: la donazione della Wamgroup

Siamo felici di aver conosciuto la realtà della Wamgroup, fatta di persone che credono nella sinergia tra mondo del lavoro e scuola, soprattutto in un periodo in cui la didattica sta subendo forti mutamenti dovuti alla situazione pandemica. Proprio per questo vogliamo ringraziare l'azienda, che ha regalato alla nostra scuola secondaria quattro monitor interattivi, già collocati nelle classi e utilizzati dai nostri studenti, felicissimi di apprenderne il funzionamento.
La nostra Dirigente ha raggiunto i donatori con una lettera di cui riportiamo una stralcio: 

vi scrivo per ringraziarvi della vostra donazione alla scuola che rappresento. Un monitor di per sé non è nulla, ma può diventare tutto, quando non è più possibile un’interazione reale fra le parti come è accaduto durante il lockdown. La tecnologia, unita alla volontà di resistere, ci ha permesso in questi mesi di raggiungere i ragazzi e di tenere vivo insieme a loro il dialogo educativo, che è spinta vitale per tutti noi, docenti e studenti. Per questo motivo vi siamo particolarmente grati e per questa stessa ragione, oggi, portando nelle classi la strumentazione di cui ci avete fanno dono, i visi dei ragazzi si sono illuminati e il loro entusiasmo è stato palpabile! Apparecchiature belle come queste significano opportunità di ricerca, lezioni meno statiche, vivacità interattiva, ma anche anello di congiunzione quando la precarietà delle condizioni di salute o altro negasse la possibilità di un contatto. Rinnovo quindi a nome mio, di tutto il personale docente e dei ragazzi, il nostro grazie più sincero.