lunedì 17 gennaio 2022

Radio Cavezzo 2.0: la storia di Giulia e Carlo

Ritorna “Radio Cavezzo”, la radio che fa scuola con la consueta rubrica di consigli di cuore! Questa volta tra le tante registrazioni create dai ragazzi abbiamo scelto due elaborati di 3^A, che affrontano da prospettive diverse la stessa trama narrativa, quella che parla di due ragazzi, Giulia e Carlo. Sia la prima registrazione, quella di Anna e Martina, sia la seconda, quella di Sofia e Sophia, affrontano con grande profondità le classiche e sempre nuove problematiche adolescenziali: la differenza d’età, la difficoltà a comunicare, la paura e l’attrazione, la capacità di sapersi donare all’altro, le maschere che ci mettiamo, la bellezza di stare insieme, le ferite nel lasciarsi e ripartire… Insomma in una parola tutto quello che entra nella parola così grande, difficile e bellissima che è l’“amore”. 

L’attività rientra nel percorso che l’ora di religione, accanto alle altre discipline, propone alle ragazze e ai ragazzi della scuola secondaria di primo grado come preparazione all’incontro con le dottoresse che anche quest’anno verranno in classe per parlare di affettività e sessualità.



Clicca sul video per ascoltare il podcast di Anna e Martina




Clicca sul video per ascoltare il podcast di Sofia e Sophia


martedì 11 gennaio 2022

Guida turistica per un giorno

Nel corso di arte della prof.ssa Bonfatti gli studenti hanno ricevuto un compito molto curioso: realizzare un depliant informativo sul Duomo di Modena, un breve spot pubblicitario oppure una mini guida. In questo modo gli alunni possono accompagnare i familiari a Modena e fare loro da guida per la visita al Duomo, utilizzando gli elaborati di loro produzione. Nel tempo di pandemia che stiamo vivendo in cui gli spostamenti e le gite sono limitate, gustiamoci almeno un viaggio con la fantasia, aiutati dalle immagini e dalle parole delle nostre bravissime “guide turistiche per un giorno”!

Clicca sulle immagini per ingrandirle.


Il depliant di Rachele Bastiani 2^C






Il depliant e il video di Sofia Guerzoni e Caterina Nannetti 2^A










Il video di Yuri Cuoghi Costantini 2^A




Il video di Giulio Mambrini 2^A




Il video di Briona Pershaku, Giulia Tommasi e Martina Bombarda 2^C







lunedì 10 gennaio 2022

L'oscurità della luce. Assassinio sull'autostrada

La soddisfazione più grande di un'insegnate di italiano è trasformare i propri studenti in autori appassionati delle storie lette in classe, perché l'unico modo per imparare veramente è creare a propria volta. E' l'alchimia che si è verificata nelle lezioni della prof.ssa Pullè dalla cui classe è nata una giallista in erba, Caterina Nannetti, la quale col suo bellissimo racconto ci porta tra i brividi e gli indizi del genere poliziesco. Buona lettura.




PROLOGO:

Sembra un giorno come gli altri, una serata tranquilla, in cui di solito le famiglie se ne stanno comode sul divano a guardare la televisione.

Ma è davvero una serata così tranquilla come pensiamo?

Non per tutti.

A tarda sera, l’autostrada è illuminata da lampioni che emanano una luce fioca, fievole, quasi si volessero spegnere perché non hanno più energia per continuare a svolgere il loro compito.

Poco lontano vi è un distributore di benzina, che emana una luce potente, accecante, quasi volesse essere protagonista di questa serata, e far sfigurare il lampioni.

Dalla stazione di servizio appare un’Ombra, un’Ombra grande, minacciosa, colpevole, che vuole spegnere tutte le luci, affinché non rivelino la sua vera identità, la sua vera persona.

E le spegne, ci riesce.

Vuole essere l’unica a rimanere viva, vuole essere colei che domina sugli altri, che sa quello che è giusto e quello che è sbagliato, che sa esattamente cosa deve fare, anche se non è una cosa moralmente corretta.

Ma questa Ombra non ha paura, non ha timore, perché sa che finché nessuno riaccenderà quei lampioni e quelle luci, lei resterà per sempre nascosta, sotto la protezione dell’oscurità, del buio, delle tenebre.

Questa creatura aspetta, aspetta pazientemente la sua prossima vittima.

Sa esattamente chi è, cosa fa, e che sarà nel punto prestabilito da lei, quando sarà il momento di aiutarla a dare un fine a quella sua vita insignificante, squallida, da non essere neanche vissuta.

E quel momento è molto vicino, terribilmente vicino.

Ad un tratto un rumore lacera quel silenzio quasi irreale, fuori dall’ordinario, non più tranquillo, ma minaccioso.

E’ il motore di un’auto e dalla confusione che fa si direbbe piuttosto vecchia.

Eccola, è lì, proprio in quella macchina, la prossima vittima dell’Ombra.

La vettura accosta.

Dall’auto scende una giovane donna, una ragazza sulla ventina o poco più.

Ha un’espressione seccata e stanca.

Probabilmente ha finito la benzina, anzi è così, e sta controllando sul telefono il distributore più vicino, quando vede il segnale lampeggiante del distributore.

In quel momento sulla sua faccia compare per qualche secondo l’abbozzo di un sorriso che poi scompare quando nota l’Ombra.

Anche l’altra la vede e sul suo viso, al contrario di quello della ragazza, appare un sorriso compiaciuto, di soddisfazione, divertimento, e sicurezza.

Infatti è sicura di averla attirata nella sua trappola e sa che non ne potrà scappare.

La giovane donna inizia a correre, consapevole che quell’Ombra la vuole uccidere, perché ha ficcato il naso in affari che dovevano rimanere segreti.

Purtroppo la figura misteriosa è più veloce e in poco tempo raggiunge la vittima.

La afferra per un braccio, la volta verso di lei e vede l’espressione della ragazza: è un misto di paura, odio, confusione, angoscia, e soprattutto terrore.

Infine l’Ombra tira fuori dalla tasca un lungo pezzo di metallo, appuntito e tagliente e con un colpo deciso lo abbatte sulla nuca della povera giovane.

Ella cade a terra inerte, ma per sicurezza l’assassino le sente con due dita la giugulare, per assicurarsi che sia morta veramente.

E’ morta veramente, non ci sono dubbi.

A questo punto all’Ombra non resta che sbarazzarsi del cadavere, ma come?

Ad un tratto le balena un’idea, non è un gran che, ma ha fretta, non può rimanere lì molto tempo, prima o poi passeranno altre automobili: butterà il corpo in mezzo alla campagna, nascosto da alcune sterpaglie. Il cadavere andrà in putrefazione e sicuramente alcuni animali randagi lo andranno a rovinare o addirittura lo mangeranno, così l’Ombra avrà più tempo per fuggire, perché il corpo sarà nascosto o addirittura scomparso.

Il terribile assassino butta le povere spoglie in mezzo alla campagna, le ricopre con alcuni cespugli e poi scappa, il più lontano possibile.

E le luci, spente, al suo passaggio mentre scappa lontano per non tornare mai più in quel luogo, si riaccendono.

____________


Il mattino dopo, a casa Tivoli, erano tutti molto preoccupati, perché Giada non era ancora tornata, e non era mai stata fuori casa così a lungo e senza dare notizie: la madre continuava a chiamare tutti gli amici di Giada e tutte le persone che potevano averla vista, il padre era andato a cercarla in paese, magari si era fermata troppo a lungo in qualche bar, oppure a casa di un’amica; e il fratello, mentre gli altri erano attivi a cercare Giada, se ne stava fermo, quasi volesse contraddire la frenesia dei suoi genitori.

Il tempo passava, ma di Giada non vi era nessuna traccia, quindi i genitori decisero di chiamare la Polizia.

La madre telefonò e con voce scoraggiata e rotta dal pianto disse: <<Per favore, aiutateci! Siamo disperati, non troviamo più nostra figlia! E’ scomparsa da ieri e non si fa sentire, non manda nessun messaggio e non telefona. Per favore aiutateci!>>

Il poliziotto la ascoltò stando in silenzio, capendo la gravità della situazione, e le rispose: <<Stia tranquilla signora, innanzitutto mi dica come si chiama sua figlia, dove vivete e così vi manderò una pattuglia specializzata per questi casi. Comunque io sono il capitano della centrale, verrò anche io e insieme ai miei colleghi troveremo sua figlia>>.

La signora Cristina Rubia, perché è così che si chiamava la mamma di Giada, ringraziò il commissario.

Il Capitano della Polizia locale ribatté: <<Non ci deve neanche ringraziare, signora, questo è il nostro lavoro. Comunque stia tranquilla saremo lì da lei tra pochi minuti>>.

Così il Comandante chiamò una pattuglia specializzata per questi casi e si diressero all'indirizzo fornitogli dalla signora.

Arrivati bussarono alla porta e la donna aprì loro.

Il Capitano notò che la signora era sconvolta e fece le sue considerazioni: aveva gli occhi rossi e gonfi di pianto, i capelli tutti arruffati, le dita delle mani erano sporche di sangue perché per il nervosismo si era mangiata la pelle intorno alle unghie e così si erano formate numerose pellicine.

La polizia ascoltò attentamente i dettagli della scomparsa, annotandone ogni singolo particolare e mentre stava ascoltando il racconto della donna, dalla porta d’ingresso entrò un uomo, anch’esso trafelato e sconvolto.

L’arrivato salutò educatamente ma frettolosamente la Polizia, e poi si sedette al fianco della moglie e le prese gentilmente le mani tra le sue e le sussurrò qualcosa all’orecchio.

La donna ascoltò, poi scosse la testa in segno di rassegnazione e disse:<<Mio marito dice che ha cercato dappertutto, ma non ha trovato nulla, nessuna traccia della nostra Giada>>.

In seguito la signora continuò a raccontare dell’accaduto e finite le spiegazione il Comandante si alzò e cordialmente informò i due genitori:<<Signori, faremo il possibile per trovare vostra figlia, ora la andremo a cercare e se entro sera non l’avremo trovata contatteremo i nostri superiori>>.

I due lo ringraziarono e poi si misero a piangere, un pianto lungo, silenzioso, doloroso.

I Poliziotti uscirono dalla casa, raccolte le informazioni descrittive della ragazza e dell’auto che aveva quando era sparita, e partirono alla ricerca della giovane.

La Polizia cercò la ragazza tutto il giorno, andando anche nei paesini confinanti, ma non la trovò.

Quando sembrava stessero per arrendersi, la vettura del Comandante avvistò la macchina di Giada Tivoli.

Subito si fermarono, accostarono l’auto sulla corsia d’emergenza dell’autostrada e scesero dal veicolo.

Si misero a ispezionare il veicolo della giovane scomparsa, e all’interno vi trovarono solo il suo cellulare e il suo portafogli.

Ad un tratto il Capitano si accorse di una piccola macchia di sangue sull’asfalto, pochi metri più avanti dell’auto.

Sì insospettì, seguì alcune piccole macchioline di sangue, scavalcò la recinzione dell’autostrada e si diresse nella campagna, verso un gruppo di cespugli che gli sembravano sospetti.

Li spostò e scoprì l’orrore: il cadavere di una ragazza giovane, putrefatto e mangiato in alcuni punti da animali randagi.

Il Capitano soffocò un conato di vomito: c’era un odore orrendo di putrefazione.

In seguito chiamò i suoi colleghi, avvolsero il cadavere in un telone, lo caricarono su una vettura della polizia e lo portarono all’obitorio.

Successivamente il capitano accertò i suoi sospetti: la vittima era la figlia scomparsa della signora Cristina Rubia e Giancarlo Tivoli.

Diede la dolorosa notizia di persona, ma non stette con i genitori a consolarli, non ce la faceva, non riusciva a sopportare un tale dolore.

Notò, quando andò a casa Tivoli, che il fratello della vittima non piangeva e non diceva nulla, semplicemente andò in camera sua, e questo gli sembrò alquanto sospetto.

In seguito svolse altre faccende molto importanti, e quando riuscì a tornare in centrale lesse la scheda descrittiva della vittima: Giada Tivoli.

Giada era una ragazza solare, premurosa, socievole, ma che comunque era riservata. Giada era molto legata alla famiglia, in particolare al fratello con cui sin da piccola aveva avuto un forte legame.

Giada amava viaggiare, le piaceva moltissimo, era il suo più grande svago, perché viaggiando si sentiva libera.

La ragazza amava molto anche divertirsi, infatti era particolarmente conosciuta, perché organizzava sempre fantastiche feste dove tutti si divertivano tantissimo.

Giada era anche molto brava a scuola, infatti si era appena laureata in Scienze.

La giovane aveva sempre avuto un rendimento scolastico elevato, e amava la cultura in generale.

Il Capo della polizia lesse anche la parte in cui gli amici la descrivevano come persona molto positiva.

Aveva uno spiccato senso della giustizia, era una persona riservata e il suo carattere dolce non mancava di autorità quando vedeva calpestati i diritti degli altri o della sua famiglia.

Era una ragazza molto protettiva.

Questa era l’ultima frase scritta sulla sua scheda.

Il capo della polizia rifletté e capì che quel caso non l’avrebbe mai risolto senza un aiuto quindi decise di chiamare il suo amico, il commissario Rossi, che era specializzato per queste situazioni. Gli raccontò dell'accaduto e gli chiese se lo potesse aiutare.

Rossi accettò di curare il caso e disse al Comandante che sarebbe arrivato lì in un’ora.

Il mattino dopo arrivò Rossi: era un uomo eccezionale, di una perspicacia e di una furbizia incredibili, riusciva a risolvere anche i casi più complessi in pochissimo tempo e riusciva a prendere sempre il colpevole giusto.

Il Comandante della Polizia era sicuro che neanche questa volta avrebbe fallito.

Quando i due amici si videro, si salutarono con una forte stretta di mano e il Capo della Polizia iniziò a raccontare all’altro dell’omicidio, perché era certo che fosse un omicidio, l’avevano confermato anche i medici che avevano fatto l’autopsia al cadavere.

Gli raccontò anche di quanto fosse strano il fratello e dei suoi sospetti verso di lui.

Poi consegnò al collega le schede descrittive di ogni membro della famiglia, visto che erano tutti sospettati, Rossi lesse per prima quella della vittima e poi passò a quella del fratello, che diceva queste testuali parole:

Marco Tivoli ha un carattere schivo che tende alla solitudine.

Ama particolarmente i videogiochi, i computer, che è un mago ad usare, però ama stare da solo, ma non per questo trascura la famiglia e soprattutto la sorella.

La scuola non gli piace molto perché non è molto bravo a studiare e perché quando era piccolo veniva bullizzato dai compagni di classe, visto che si isolava.

Gli amici lo descrivono come uno a cui piace stare in compagnia, che a volte esagera e non sta dentro i limiti, ma che comunque si sa controllare.

Il suo tempo lo passa prevalentemente in camera sua a giocare e a creare videogiochi e molte altre app.

E’ un genio dell’informatica: con i computer riesce a fare tutto, riesce a creare nuovi programmi molto complessi, e sarebbe in grado anche di hackerare alcuni siti, se lo volesse.

Qui terminò la scheda descrittiva di Marco e il commissario, finito di leggerla, meditò per alcuni minuti in silenzio.

Poi passò alla scheda descrittiva dei genitori.

Il commissario si alzò dalla poltrona su cui era seduto e prese un bicchiere d’acqua, ne bevve un sorso poi chiese al Capo della polizia: <<Lei comandante cosa ne pensa?>>

Il Comandante disse con tono sicuro: <<Bè, secondo me si possono già escludere i genitori, ha visto quanto erano sconvolti e tristi? E poi dei genitori come potrebbero aver ucciso loro figlia? Quei due sono delle gran brave persone, le conoscono tutti in paese.>>

Rossi ammiccò e disse:<< Lei si sbaglia caro collega, non bisogna mai escludere alcuno dei sospettati, soprattutto se sono così attaccati e vicini alla vittima, tutto va preso in considerazione finché non si hanno prove certe per scagionarli. Comunque anche io penso che quei due non siano affatto implicati nell’omicidio, però non li escludo finché non ho prove concrete. Mi preoccupa invece il ragazzo, lo terrò d’occhio. Si è fatto tardi comandante, devo andare.>>

Detto questo si alzò, si infilò il suo cappotto e uscì dalla casa del collega.

Mentre Rossi camminava, la sua mente elaborava diversi pensieri: la scheda del fratello era molto curiosa, il ragazzo una persona instabile.

Il commissario si incamminò e arrivò all’obitorio, per vedere il corpo della ragazza.

Gli dissero che era stata uccisa con una spranga di ferro, con un solo colpo potente alla nuca.

Poi gli balenò un'idea nella mente: avrebbe dovuto controllare anche il cellulare della vittima.

Lo chiese, glielo diedero e lui iniziò a scorrere e a cercare una chat: voleva trovare quella con il fratello.

La trovò, nelle archiviate, e vide che i messaggi risalivano a due giorni prima della morte della ragazza.

Lesse i messaggi, che erano molto curiosi e strani, e poi capì che si trattava di droga quelle “canne”. Giada scriveva che ne avevano “fatto il pieno”!

Quella frase lo colpì particolarmente e pensò che non fosse stata scritta a caso ma volutamente, per far intendere qualcosa.

Fatte le sue considerazioni, restituì il cellulare ai periti e se ne andò, perché voleva parlare con Marco, il fratello di Giada.

Suonò al campanello di casa loro, e per sua fortuna gli aprì proprio il ragazzo.

Il commissario disse al ragazzo:<<Buongiorno Marco, posso parlarti?>>

Marco, sbuffando, rispose:<<Entri, ma faccia molto in fretta, sono impegnato>>

Rossi notò che il ragazzo aveva un odore strano addosso, come di erba ...

Il commissario disse:<<Marco, centri per caso qualcosa con la morte di tua sorella?>>

Il ragazzo tranquillamente rispose:<<IO? E come potrei mai uccidere mia sorella, io non ne so niente.>>

<<Davvero? A me pare, vedendo il telefono della poveretta, che vi siate scritti proprio due giorni prima della sua morte>>.

Adesso Marco è nel panico, non sa cosa dire, sta sudando e continua a tormentarsi le mani.

Così tergiversando dice:<<Ma no, non ci siamo scritti...non ne so davvero nulla!>>

<<Dai Marco, non fare lo sciocco, ho visto la chat. Ho visto che hai scritto che la domenica i camion non circolano in autostrada, e come facevi a saperlo se non eri li?>>

Il ragazzo messo alle strette confessa dicendo:<<E va bene, è capitato che qualche volta io mi sia fatto delle canne, e sì, è vero che domenica ero in autostrada, ma ero solo, mia sorella si sarà confusa. Però non sono stato io ad ucciderla, lei è morta di mercoledì e io mercoledì ho il corso di chitarra.>>

Rossi poco convinto che stia dicendo il vero, chiama la scuola di musica, ma gli confermano che il ragazzo mercoledì era a lezione, ed è stato lì tutto il giorno.

Rossi si alza e se ne va: <<Bene Marco, grazie. Arrivederci.>>

E così uscì di casa e si avviò con la sua auto verso il luogo in autostrada in cui era stata uccisa Giada.

Il suo collega, il Comandante, aveva detto che poco distante dal luogo del delitto c’era un distributore.

Giada aveva detto: “tu e il tipo vi siete fatti il pieno”.

Secondo Rossi la ragazza non avrebbe scritto quella frase casualmente, ma con un significato preciso, forse alludeva alla pompa di benzina.

Quando arrivò, parcheggiò l’auto fuori dal distributore di benzina, scese e vide che alla pompa di servizio vi era un ragazzo, che stava cincischiando.

Si avviò verso di lui e quando il ragazzo lo vide si innervosì, ma non lo diede a vedere.

<<Buongiorno, sono il commissario Rossi, qual è il suo nome?>>

L’uomo rispose:<<Sono Giorgio, lei che vuole?>>

<<So che lei è incastrato nell’omicidio della povera Giada Tivoli!>>

<<Non è assolutamente vero, non ne so niente>>

Rossi giocò d’astuzia. <<Non faccia il finto tonto, il suo compagno mi ha confessato tutto e ha detto che sei tu che procuri la roba!>>

Il benzinaio è colto dal panico, inizia a sudare, poi con voce stridula dice:<<E va bene, non ce la faccio più a sopportare tutti ‘sti piedipiatti che ronzano intorno al distributore. E va bene sono stato io, l’ho uccisa, ma sa il perché? Perché la mattina prima ci eravamo incontrati, in un luogo pubblico e lei mi aveva scoperto e minacciato di dire tutto alla polizia, la volevo uccidere sul momento! Il problema è che eravamo in un luogo pubblico! Così ho tolto la benzina alla sua auto ed ero sicuro che sarebbe passata di qua, perché me l’aveva detto. Povera stolta ragazza, un’altra insignificante vita che ho tolto, ma sa commissario, non mi pesa, io amo uccidere, l’ho già fatto in passato e lo rifarò molte altre volte, perché sono io che devo avere il controllo assoluto su di tutti!>>

Rossi capì che quello non era un solo semplice spaccio di droga, ma che quel ragazzo era un criminale serio, uno psicopatico, che uccideva perché era lui che doveva avere il controllo e doveva essere l’unica luce che brillava in mezzo al buio.

Così il commissario fece segno alle pattuglie che aveva chiamato, di uscire allo scoperto.

Così fecero e arrestarono il ragazzo, lo portarono su una vettura che poi si avviò verso il carcere.

Così Rossi aveva risolto il suo ennesimo caso.

In seguito diede l’orribile notizia di quello che era successo ai genitori e piansero, piansero molto.

Disse anche che Marco sarebbe stato obbligato a pagare una grossa multa per detenzione di droga.

Alcuni giorni dopo fecero il funerale e vi parteciparono anche il commissario Rossi e il Comandante, fecero le loro più sentite condoglianze per quell'anima pura che se n'era andata.

Finita la cerimonia i due si avviarono verso la centrale di polizia e il Comandante disse: <<E’ sempre un piacere lavorare con te amico, sei stato davvero bravo e astuto a risolvere questo caso!>>.

<<Grazie, comunque abbiamo lavorato insieme, perché senza alcuni fattori importanti che mi hai fornito, non sarei mai riuscito a risolvere il caso!>>.

Così tornarono alla centrale, archiviarono il caso e ognuno ritornò alla propria casa.

Da tutt’altra parte, nel carcere, l’Ombra stava meditando come evadere e come diventare la padrona assoluta del penitenziario.

Voleva, di nuovo, spegnere tutte le luci in quell’edificio, e rimanere l’unica a brillare.

Voleva annientare tutti, voleva renderli insignificanti e voleva che non si vedessero più, voleva che l’unica luce a brillare fosse la sua.

Voleva essere il padrone del mondo, lui, l’Ombra, padrone dell’intero Universo.